ELABORAZIONE DEL LUTTO

La morte di una persona cara costituisce un evento drammatico e talvolta traumatico che “rompe” lo scorrere della vita quotidiana generando profondo dolore, malessere psico-fisico e alterazione dell’equilibrio emotivo in chi lo subisce. Reazioni emotive (psicofisiologiche) al lutto, anche particolarmente accentuate nella fase acuta, sono del tutto normali poiché rispondono al processo naturale di reazione ed elaborazione di un’esperienza “disgregante” e “dolorosa” (clicca qui per approfondimenti). Questo processo naturale segue essenzialmente quattro fasi che indicano il passaggio da un iniziale shock e disorientamento sino ad uno stadio finale di accettazione della perdita e riorganizzazione della propria vita. Le fasi che portano alla risoluzione del lutto sono:

STORDIMENTO o SHOCK: rappresenta il primo momento di impatto con la notizia di perdita; essa è accompagnata da disorientamento, incredulità, shock, negazione iniziale dell’evento che l’individuo emotivamente non è in grado di accettare. La persona in questa fase può apparire “sconnessa” o poco presente poiché invasa dal dolore, chiusa in se stessa e nei ricordi della persona defunta. Questa fase è caratterizzata dall’espressione di sentimenti di profonda nostalgia, tristezza, disperazione per l’irrimediabilità della perdita. Si verifica un’interruzione delle abitudini e attività quotidiane, la vita personale entra in sospensione e possono manifestarsi sintomi come l’inappetenza, l’insonnia, la stanchezza e la difficoltà di concentrazione. L’intensità di questi sintomi è del tutto personale in quanto dipende da numerose variabili sia soggettive (es.  caratteristiche di personalità, strategie di coping, ecc.) che oggettive (modalità del decesso, supporto familiare e sociale, ecc.).

COLLERA: questa fase è caratterizzata dalla ricerca del defunto e dallo struggimento per l’impossibilità di riaverlo vicino. La persona sperimenta molta irrequietezza, irritabilità, inquietudine, angoscia finalizzati al recupero della perdita. L’incessante desiderio di ricongiungersi alla persona defunta, unito alla rimuginazione sulle proprie responsabilità, generano la rabbia per non aver potuto evitare l’evento, o talvolta, per aver contribuito al suo verificarsi. La rabbia è la risposta emotiva all’incapacità di accettare la perdita come definitiva senza possibilità di ricongiungimento.

DISORGANIZZAZIONE E DISPERAZIONE: questa è la fase in cui la persona progressivamente prende coscienza e inizia ad accettare l’irrimediabilità della perdita, inizia a farsi strada l’idea che la persona cara non tornerà più e ciò genera la massima sofferenza, disperazione, ritiro sociale e disorganizzazione del comportamento e delle reazioni emotive.

RIORGANIZZAZIONE: questa rappresenta l’ultima fase in cui a seguito dell’immenso dolore e disperazione la persona si “resetta” poiché diviene fisiologicamente necessario riacquisire un ordine o equilibrio emotivo e cognitivo. Nella riorganizzazione l’individuo riacquista progressivamente un senso di fiducia, capacità e stabilità ricomincia a praticare le attività precedenti e ristabilendo una routine. Il senso di disperazione e mancanza per il defunto gradualmente lascia spazio al senso di vicinanza e presenza interiore. Dalla ricerca disperata nella realtà esterna si passa ad una consapevolezza che la persona defunta resterà sempre presente e vicina nel proprio mondo interiore. Inoltre, lentamente si ristabilisce una coerenza tra situazione passata e presente a seguito dell’elaborazione dei significati legati alla perdita e del riadattamento alla vita. Nella fase di riorganizzazione la persona inizia a ridefinire obiettivi e ad elaborare progetti futuri (clicca qui per approfondimenti).

La capacità di vivere e superare le quattro fasi descritte determina l’elaborazione del lutto e dunque descrive il processo di “lutto normale”. Tuttavia, in alcuni casi, la persona non riesce a vivere tutte le fasi, bloccandosi ad esempio alla fase della collera o della disperazione, ciò impedisce il raggiungimento di uno stato di riorganizzazione della propria vita e di sviluppo di un senso di presenza interna dell’immagine del defunto. In questi casi si parla di Lutto Patologico o lutto non Elaborato.

LUTTO PATOLOGICO

Il lutto patologico o non elaborato (lutto complicato, clicca qui per approfondimenti) si configura come uno stato di congelamento di fronte alla perdita che non riesce ad essere interiorizzata e integrata con il vissuto presente. La persona non riesce ad andare avanti con la propria vita, riorganizzandola e adattandosi al cambiamento che la morte della persona cara ha comportato. Essa finisce per ritrovarsi prigioniera di sentimenti di rabbia, disperazione, colpa, e desiderio incessante di recuperare la vicinanza fisica del defunto da cui derivano struggimento e logoramento delle risorse cognitive ed emotive. Nel lutto patologico si instaura una condizione psico-fisica di malessere che causa grande sofferenza e disfunzionalità personale, sociale e lavorativa.

Il DSM-5 descrive il “Disturbo da Lutto Persistente Complicato” come una condizione patologica caratterizzata da desiderio persistente e nostalgia della persona deceduta, profondo dolore e pianto frequente che si protrae per oltre 12 mesi dalla perdita. La persona mostra preoccupazione, tristezza, rabbia, senso di colpa intensi e associati a ruminazione su cause, circostanze e conseguenze della perdita. Frequentemente l’individuo con disturbo da lutto persistente manifesta anche disturbi del sonno, astenia, alterazioni del comportamento alimentare (inappetenza) e condotte disfunzionali (es. uso alcol o droghe).  La sintomatologia e il vissuto negativo legato al lutto permane per oltre un anno; dunque i 12 mesi rappresentano il criterio temporale che consente segnare una linea di demarcazione tra le manifestazioni del lutto normale e di quello patologico (clicca qui per approfondimenti).

criteri diagnostici del disturbo da lutto persistente e complicato sono:

  1. L’individuo ha vissuto la morte di qualcuno con cui aveva una relazione stretta.
  2. Dal momento della morte, almeno uno dei seguenti sintomi è stato presente per un numero di giorni superiore a quello in cui non è stato presente e a un livello di gravità clinicamente significativo, ed è perdurato negli adulti almeno 12 mesi e nei bambini per almeno 6 mesi dopo il lutto.
  3. Un persistente desiderio/nostalgia della persona deceduta. Nei bambini piccoli il desiderio può essere espresso nel gioco e nel comportamento anche tramite comportamenti che riflettono l’essere separato da, e anche riunito a, un caregiver o un’altra figura oggetto di attaccamento.
  4. Tristezza e dolore emotivo intenso in seguito alla morte.
  5. Preoccupazione per il deceduto.
  6. Preoccupazione per le circostanze della morte. Nei bambini, questa preoccupazione per il deceduto può essere espressa attraverso i contenuti del gioco e il comportamento può estendersi fino alla preoccupazione per la possibile morte di altre persone vicine.
  7. Dal momento della morte, almeno 6 dei seguenti sintomi sono stati presenti per un numero di giorni superiore a quello in cui non sono stati presenti e ad un livello di gravità clinicamente significativo, e sono perdurati negli adulti almeno 12 mesi e nei bambini almeno 6 mesi dopo il lutto.

Sofferenza relativa alla morte

  • Marcata difficoltà nell’accettare la morte. Nei bambini questa difficoltà dipende dalla capacità di comprendere il significato e la definitività della morte.
  • Provare incredulità o torpore emotivo riguardo alla perdita.
  • Difficoltà ad abbandonarsi a ricordi positivi che riguardano il deceduto.
  • Amarezza o rabbia in relazione alla perdita.
  • Valutazione negativa di sé in relazione al deceduto o alla morte (es. senso di auto colpevolezza).
  • Eccessivo evitamento di ricordi della perdita (per es. evitamento di persone, luoghi o situazioni associati al deceduto; nei bambini questo può includere l’evitamento di pensieri e sentimenti che riguardano il deceduto.

Disordine sociale e dell’identità

  • Desiderio di morire per essere vicini al deceduto.
  • Dal momento della morte, difficoltà nel provare fiducia verso gli altri.
  • Dal momento della morte, sensazione di essere soli o distaccati dagli altri.
  • Sensazione che la vita sia vuota o priva di senso senza il deceduto, o pensiero di non farcela senza il deceduto.
  • Confusione circa il proprio ruolo nella vita, o diminuito senso della propria identità (per es. una parte di se stessi è diminuita insieme al deceduto).
  • Dal momento della perdita, difficoltà o riluttanza nel perseguire i propri interessi o nel fare piani per il futuro (per es. amicizie, attività).
  • Il disturbo causa disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti.
  • La reazione di lutto è sproporzionata o non coerente con le norme culturali o religiose o appropriate per l’età.
  • Specificare se lutto traumatico, ovvero se il lutto dovuto a omicidio o suicidio con persistenti pensieri gravosi riguardo alla natura traumatica della morte (spesso in risposta a ricordi della perdita), tra cui gli ultimi momenti del deceduto, il grado di sofferenza e delle ferite, o la natura dolorosa o intenzionale della morte.

TRATTAMENTO DEL LUTTO PATOLOGICO 

Quando è passato più di un anno e la sintomatologia legata al lutto è ancora presente e ci si rende conto che la sofferenza non passa e la nostra vita non va avanti probabilmente il lutto non è stato elaborato e pertanto è necessario un intervento psicologico! L’aiuto psicologico nell’elaborazione del lutto ha la finalità principale di aiutare la persona a ritrovare uno stato di equilibrio o benessere – psicofisico ricominciando a vivere la propria quotidianità e attribuendo un nuovo senso alla vita.

In particolare il lavoro psicologico nel caso di lutto complicato ha l’obiettivo di:

  • Ridurre la sintomatologia (persistente e prolungata);
  • Ristabilire un equilibro psico-fisico;
  • Riattivare i comportamenti sani (lavoro, interessi, relazioni sociali, ecc.);
  • Promuovere nuovi obiettivi e progetti di vita.

Tali finalità terapeutiche sono raggiungibili attraverso un lavoro di:

  • Elaborazione delle emozioni negative e dolorose;
  • Elaborazione dei significati legati al lutto;
  • Ristrutturazione delle credenze disfunzionali legate alla perdita (impossibilità di ricominciare, perdita del senso della propria esistenza, colpa o responsabilità per la morte, ecc.);
  • Integrazione del vissuto doloroso di perdita nella propria identità: interiorizzando il ricordo del defunto come qualcosa di interiormente presente ma assente nelle realtà (accettazione dell’impossibilità di ricongiungimento fisico);
  • Riattivazione delle attività, interessi, abitudini positive precedenti;
  • Riattivazione delle relazioni sociali (uscire dall’isolamento).